All’indomani della tragedia erano state installate a 2.700 metri di quota delle apparecchiature di monitoraggio in tempo reale, costituite da due interferometri e un radar doppler, necessari per valutare anomali e improvvisi spostamenti della porzione di ghiacciaio instabile. Inoltre, attraverso i rilievi realizzati con i droni si è potuto ricostruire il fronte interessato dall’evento.
I monitoraggi hanno riguardato sia l’area del crollo, sia le due lingue di ghiaccio che lo delimitano in destra e sinistra orografica. Come previsto, a causa delle alte temperature che caratterizzano il nostro territorio in queste settimane, le lingue glaciali nel loro movimento hanno prodotto l’allargamento di alcuni crepacci. In particolare, quello che si è evidenziato domenica 17 luglio che taglia l’intera lingua glaciale in destra orografica (ossia a sinistra del distacco per chi osserva la montagna da valle)viene costantemente monitorato per osservarne l’evoluzione.
“Lo studio della morfologia dell’area ha permesso di identificare i percorsi potenziali delle masse ghiacciate che dovessero staccarsi anche da queste due lingue. Tale analisi ha di fatto confermato un percorso di scorrimento che si adatta molto bene a quello delle valanghe storiche cartografate e di quelle simulate nell’ambito della redazione della Carta delle pericolosità (adottata dalla Giunta nel settembre 2020, ndr)” si legge nella relazione. È stata valutata anche l’ipotesi che un eventuale distacco possa arrivare a lambire o entrare nel bacino artificiale della diga di Fedaia: “Dalle valutazioni svolte (…) l’effetto di un eventuale afflusso al lago con il livello d’invaso attuale, risulterebbe contenuto all’interno dell’invaso senza interessare direttamente il coronamento della diga e/o il piano stradale della SS 641”.
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