
Come “allenare” la testa dello sportivo, per far sì che sia al meglio nei momenti decisivi e superi quelli difficili: non serve una ricetta magica, ma un lavoro su misura sviluppato sul talento fisico e le risorse mentali dell’atleta. L’incontro di oggi ha messo insieme le competenze e l’esperienza del professor Vercelli e del mental coach Gabrielli, con l’esperienza di Josefa Idem: olimpionica nella canoa che ha vinto tutto allenando i muscoli e “monitorando” la testa.
“Psicologo e mental coach - chiarisce subito Giuseppe Vercelli - lavorano sull’importanza dell’allenamento mentale per lo sviluppo di una prestazione efficace, per la gestione della sconfitta e del successo, per il recupero post infortunio. Sono ambiti diversi ma ugualmente importanti per la gestione del talento”.
La psicologia può essere determinate per gli atleti – dagli adolescenti ai campioni fino agli allenatori, a livello individuale e negli sport di squadra, con un lavoro differenziato per uomini e donne –, anche con le tecniche di coaching. “Le performance - aggiunge Vercelli - dipendono dalle risorse tecniche e mentali, mediate con il modello della ripetibilità delle stesse. E’ la capacità di ripetersi a livelli assoluti che fa la differenza tra un campione e un buon atleta”.
“Quando sono nata come atleta - racconta Josefa Idem - non c’era nessuna di queste figure. Dovevi nascere forte di testa, altrimenti non avevi possibilità. La prima volta che mi rivolsi ad uno psicologo, fu dopo le Olimpiadi di Sidney. Incominciavo ad avvertire la stanchezza e volevo capire se c’era qualcosa che potevo migliorare e come potevo governare la gara con il mio pensiero”. Così iniziò il lavoro sulla sua mente, accompagnata proprio dal professor Vercelli. Ai muscoli ci avrebbe pensato, come sempre, l’allenatore- marito Guglielmo Guerrini.
Quattro anni dopo Sidney, Josefa arrivò alle Olimpiadi di Londra senza i favori del pronostico: da tempo non vinceva nulla o quasi. “Mi sono immaginata - ricorda Idem - come una mongolfiera che, per tornare a volare, si doveva liberare delle zavorre: il pubblico, la pressione e le aspettative, la stanchezza e, soprattutto, i miei 40 anni di età. Così feci: a Londra mi lasciai alle spalle tutto quello che potevo”.
Arrivò in finale con l’ultimo tempo utile, il settimo. Quel giorno il terreno di gara era terribile: il vento e le onde facevano sbandare la canoa. La “mongolfiera Idem” era però libera dalle zavorre. Ancora Josefa: “Mi sono detta: ‘Ok, sei in finale e quando il gioco si fa duro, i duri iniziano a giocare…’. Attorno a me non c’era nulla e nessuno. Ero io sola con la mia canoa e la mia corsia. Sono partita, ho fatto il mio ritmo e ho recuperato via via sulla canadese. Solo negli ultimi metri ho realizzato con pagaiavo verso l’oro. A 40 anni non sarei mai riuscita a vincere un’olimpiade senza la forza della mia mente ”.
Giovanni Gabrielli si definisce un “manovale della mente”, perché lui lavora sui comportamenti della mente e sugli errori dell’uomo-atleta : “Il nostro compito è dare delle scelte agli atleti e fornire loro le indicazioni su come trovare l’energia per raggiungere i loro obiettivi. Josefa Idem è l’esempio di come un’atleta, già straordinaria di suo, abbiamo potuto continuare a vincere le olimpiadi fino a 40 anni”.