Domenica, 13 Ottobre 2019 - 17:13 Comunicato 2562

All’Auditorium Santa Chiara di Trento il Festival dello Sport regala l’emozione della maglia azzurra
La maglia azzurra, il fenomeno che unisce l’Italia

C’è un colore che unisce l'Italia intera. E’ l’azzurro della Nazionale di calcio che undici fenomeni indossano, portando in campo l’orgoglio e la tradizione di un’interno Paese. Nulla come la maglia azzurra chiama a raccolta un’intera nazione come un Mondiale o un Europeo, durante i quali scompaiono quasi per incanto la rivalità di club e il tifo diventa di un solo colore. “In Nazionale - ricorda l’ex ct Arrigo Sacchi - avevo 20 giocatori su 23 che avrebbero dato la vita per la maglia azzurra”. E’ d’accordo un’altro ex ct azzurro, Antonio Conte: “E’ una esperienza unica indossare la maglia azzurra, il coronamento di un sogno. Io ho avuto anche l’onore di guidare la nazionale e rappresentare l’intero movimento calcistico italiano”.

La maglia azzurra ambita da qualunque calciatore italiano, ha un valore inestimabile, al di là degli sponsor e di qualunque ritorno economico: è il valore dell’emozione e della passione. L’Italia è una delle più grandi potenze della storia del calcio. Ha vinto 4 Campionati del mondo (solo il Brasile di più) e un titolo Europeo. Un sogno infinito raccontato al Festival dello sport di Trento da Antonio Conte, Arrigo Sacchi, Luca Toni e Paolo Rossi. “Quando senti l’inno - esordisce Toni - dentro ti cresce una carica incredibile, difficile da descrivere”.

Rossi, una famiglia di sportivi 

“Mio nonno e mio papà - racconta Paolo Rossi - erano appassionati di sport e qualsiasi evento era per noi quasi un obbligo. La prima volta che ho indossato la maglia è stato il mio più bel momento della mia carriera sportiva. In quel momento ti rendi conto di rappresentare il Paese. Non ci sono divisioni, quella maglia metti d’accordo tutti”.

Sacchi e il momento terribile del calcio italiano

“Il calcio - spiega Arrigo Sacchi - deve saper continuamente rinnovarsi per essere seguito. Le nazionali, specialmente nei paesi dove non c’è uno stile (e l’Italia è tra questi) non hanno un esempio per gli altri. In italia non c’è uno stile. Oggi è un momento terribile per il calcio italiano perché ci sono molti stranieri anche nei settori giovanili. Il calcio è merito ed è inclusione, innovazione. Con la nazionale è difficile. Non hai il tempo, non riesci a curare l’aspetto fisico e quello tecnico. Non puoi migliorare un gruppo di ragazzi in 15 giorni ed trovare quei sincronismi che richiedono tempo e pazienza”.

Conte e il magico Europeo 2016

Alla Federazione e alla squadre Antonio Conto chiese di avere i giocatori per un mese: “Solo così arriveremo avanti nell’europeo”. E ci riuscì. Ancora Conte: “Riuscimmo a plasmare il gruppo. Ogni giocatore avrebbe dato la vita per un altro. Battemmo la Spagna ai quarti di finale e fu una partita fondamentale. Tante volte volere è potere. Mi ricordo che la mattina dopo la sconfitta con la Francia, prima di salutarci, piangemmo tutti perché sapevamo che dal giorno dopo non ci saremmo più incontrati”. 

Conte il motivatore

"L'allenatore deve trasferire ai suoi giocatori - spiega l'attuale tecnico dell'Inter - il senso della partita, andando a motivare i ragazzi affinché si spingano oltre, fino al colmare l'eventuale gap con le altre squadra. per fare questo devi lavorare sempre sui dettagli, sulla testa delle persone, creare un gruppo e un gioco con automatismi tali che in campo ognuno sa quello che deve fare e lo faccia al meglio. In ogni caso, ad alti livelli, la differenza la fa la testa più del fisico".

Da Coverciano, la nuova nazionale

Da un Europeo all’altro. All’indomani della qualificazione agli Europei 2020, con tre turni di anticipo, il Festival di Trento ha visto la partecipazione, in collegamento video, dello staff della attuale nazionale. Il presidente Figc Gabriele Gravina parla di “ripartenza” dopo lo shock dell’eliminazione dai Mondiali da parte della Svezia. Chi ha sempre mostrato ottimismo è il ct Roberto Mancini: “Ho sempre pensato che in Italia i buoni giocatori ci fossero. Magari bisogna aspettare qualche tempo per determinati ruoli. In certi altri momenti le cose possono non andare bene ma poi la qualità esce alla lunga. Noi italiani siamo tra i migliori al mondo ed io ho dato solo tempo ai giocatori affinché questi uscissero”. La voce della squadra è il capitano Leonardo Bonucci: “Il mio esordio in maglia azzurra nel marzo 2010 fu qualcosa di unico. La prima volta che indossi questa maglia dentro di te scorre un fiume di sensazioni. Quella volta Cannavaro mi diede una pacca sulle spalle, trasmettendomi tranquillità. Oggi siamo una famiglia, siamo un gruppo forte. Questa non è una selezione ma una squadra”.

I Mondiali del 1970

Per la nazionale italiana, i Mondiali 1970 del Messico non furono la finale contro il Brasile ma la semifinale contro la Germania, da molti considerata la partita più emozionante del secolo.

Sacchi: "In Messico avemmo la sfortuna di incontrare la più grande squadra della storia, il Brasile di Pelè. Purtroppo non furono bravi i tifosi italiani, sorpresi a Genova ad attendere la squadra italiana con i pomodori. Questo è il nostro limite e questo è il motivo per cui negli stadi c’è ancora troppa violenza. Quel mondiale lo meritò il Brasile e l’Italia fece un campionato straordinario”. 

Paolo Rossi aveva 14 anni e guardò i mondali in casa con tutta la famiglia e gli amici: “I miei punti di riferimento erano Gigi Riva, Rivera e Mazzola. Quella finale ci lasciò un fondo di amarezza incredibile. Ma ricordo soprattutto Pelè, il più grande della storia del calcio. Quando venne a giocare per beneficienza a Firenze guardai solo lui, i suoi movimenti per tutti i 90 minuti”.

Rossi e il Mondiale di Spagna 1982.

La triplerà contro il Brasile ha segnato la carriera di Paolo Rossi: “Un mio carissimo amico mi aveva rilegato tutti gli articoli e li custodisco gelosamente. Ebbi la fortuna di giocare in un’epoca di grandi calciatori. La partita fondamentale fu contro l’Argentina perché ci diede la fiducia per ribaltare un mondiale che fino ad allora avevamo giocato in maniera strana”.

Per lui l’inizio non fu facile. Ancora Rossi: “Arrivavo da due anni di squalifica. Nelle prime partite non avevo le misure e l’attenzione necessaria ad anticipare i movimenti. La fortuna ha voluto che trovai come ct Enzo Bearzot a cui devo tantissimo. Dopo la partita con il Brasile era seduto in pullman con lui e non mi disse nulla. Io mi aspettavano un complimento, qualcosa. Invece nulla. Il suo unico commento fu solo: ‘Incomincia a pensare alla prossima partita'”. 

Contro il Brasile fu la partita capolavoro di Paolo Rossi, ancor più della finale vinta contro la Germania: “Ho fatto piangere il Brasile. Un giorno era a San Paolo. Il taxista mi riconobbe: ‘Scendi subito dal mio taxi’ mi disse”. 

Il giudizio di Sacchi è meno entusiastico: “L’italia fece un campionato del mondo strano ma alla fine meritò la finale. Sembravamo spacciati ed invece trovammo la forza di trasformarci in una squadra. Fu quella la chiave del successo”. 

Mondiali Usa del 1994. 

Il racconto è ancora un volta affidato a Sacchi: “Negli Stati Uniti giocammo un Campionato impossibile con temperature fino 50 grandi e partite giocate a Mezzogiorno. Giulio Andreotti ci aiutò e noi andammo a giocare sulla costa Ovest. Quella Est era proibitiva per il clima. ‘Così perderemo i nostri tifosi’ mi disse Andreotti. La verità è che gli italiani avevano venduto i loro biglietti agli irlandesi per la partita di esordio...”. 

Le difficoltà non mancarono: i problemi con Baggio per una sostituzione mai capita e di formazione ma alla fine Sacchi riuscì a raggiungere la finale: “Il Brasile ci superò ai rigori ma quella sconfitta l’ho accettata perché loro meritarono  più di noi”. 

Il titolo mondiali del 2006

In sala c’è Luca Toni, attaccante della nazionale che si laureò campione del Mondo. “Eravamo un gruppo forte e il ct Lippi ci tramise quella carica necessaria per affrontare e vincere la sfida contro la Germania. 'Andiamo a prendere la Coppa' ci disse negli spogliatoi”.

“Il pallone è incredibile - conclude Toni - partimmo da Coverciano con la contestazione dei tifosi per Calciopoli e tornammo al Circo Massimo da trionfatori con le frecce tricolori”. Questo è il calcio.

(pff)


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