Giovedì, 23 Maggio 2024 - 12:24 Comunicato 1190

Aumento di energia da combustibili fossili, la vera sfida rimane la riduzione della C02

Tutti concordano sul fatto che il problema sia l’eccesso di CO2 nell’atmosfera. Tutti contestano il catastrofismo legato al climate change. Unanimi sul bisogno di accelerare il finanziamento della ricerca e dello sviluppo, investire sull’efficientamento energetico e lavorare in termini di risparmio energetico per ridurre il fabbisogno. L’innovazione deve essere radicale e non incrementale. Una soluzione è senza dubbio il nucleare, una fonte di energia che presenta le stesse caratteristiche dei combustibili fossili. L’Europa sta facendo la sua parte ma a livello globale il risultato è ininfluente. Sarà fondamentale il cambiamento degli stili di vita di ognuno.
Moderati dal giornalista del Sole 24 Ore e vice capo servizio Radiocor, Cheo Condina, hanno dialogato sul tema dell’energia dei combustibili fossili al Festival dell’Economia di Trento, il presidente di Techvisory Franco Bernabè, il direttore responsabile energia dell’Università di Bologna Alberto Clò, il professore di economia e politica dell’energia e dell’ambiente all’Università Bocconi Luigi De Paoli e la vicepresidente BEI Gelsomina Vigliotti.
Festival dell'Economia Nel 2024 si produce più energia da combustibili fossili di dieci anni fa. Come uscirne? Nella foto: Luigi DE PAOLI; Alberto CLÒ; Gelsomina VIGLIOTTI; Cheo CONDINA; Franco BERNABE’ e pubblico in sala [ Alessandro Holneider - Archivio Ufficio Stampa PAT]

Un dato: l’Italia, ad aprile 2024, ha prodotto elettricità da fonti rinnovabili per il 51,2%, un record assoluto. Un segnale positivo per il nostro piccolo paese. E’ il professore di economia e politica dell’energia e dell’ambiente all’Università Bocconi Luigi De Paoli che fa il quadro della situazione globale per quanto riguarda l’uso dei combustibili fossili, una situazione per nulla omogenea, unita solo dall’obiettivo del processo di elettrificazione, il vero driver del cambiamento. Anche per quanto riguarda un’analisi sulle diverse aeree mondiali, le dinamiche sono abbastanza diverse e comprensibili. Nei paesi industrializzati, quelli OCSE, non si rileva la crescita di utilizzo di energia da combustibili fossili: -3,3% nei 10 anni. Nei paesi non OCSE in via di sviluppo, la crescita è presente ed è stata ovviamente più sostenuta, ma sempre con differenze da area a area. I paesi UE, rispetto agli altri  industrializzati, la situazione risulta ancora più virtuosa: -3,5% di petrolio, - 10% di gas e - 35% di carbone.

Questa situazione trova lettura nel fatto che i combustibili fossili hanno rappresentato la base del benessere e dell’industrializzazione del mondo. I paesi industrializzati hanno già fatto un percorso di sviluppo e quindi possono permettersi di rallentare, a differenza di quelli in via di sviluppo che hanno “fame” di energia.

A smorzare la positività di questi dati, ci ha pensato il direttore responsabile energia dell’Università di Bologna Alberto Clo che ha criticato le politiche climatiche attuate dall’Europa. "Ogni politica, anche in campo climatico  - ha affermato Clo - deve essere valutata attraverso i risultati ottenuti rispetto agli obiettivi preposti e non alle ideologie che l’hanno alimenta". Secondo Alberto Clo, le politiche europee si sono rivelate inefficaci di fronte al primo obiettivo: diminuire le emissioni globali, quelle che contano, che continuano ad aumentare. Nonostante i 200miliardi spesi. In secondo luogo, la transizione energetica, il passaggio dal dominio delle fossili al dominio delle rinnovabili è fallito. E non da ultimo, il “green deal", invece di rafforzare l’economia europea, ne ha ridotto la competitività e ha comportato costi straordinari, ha concluso Clo. Una crisi della competitività europea che si è abbattuta soprattutto in Germania che conosce una recessione tecnica in molti settori. 

Diverso il punto di vista della vicepresidente BEI Gelsomina Vigliotti, secondo la quale stiamo assistendo ad una evoluzione davanti alla quale siamo chiamati necessariamente a reagire in qualche modo. L’Europa ha fatto una scelta di campo all’avanguardia sulle rinnovabili, incentivate e spinte da politiche dedicate. C’è bisogno di accelerare negli investimenti, di interventi, di cooperazione e la tecnologia è di enorme aiuto - ha affermato Gelsomina Vigliotti. Accelerare il finanziamento della ricerca e dello sviluppo, investire sull’efficientamento energetico, ciò che si può fare in termini di risparmio energetico per ridurre il fabbisogno. E’ vero che l’Europa contribuisce in minima parte alle emissioni globali  - ha detto la vicepresidente BEI - ma è pur vero che siamo anche degli apripista. 

"Di certo le azioni messe in campo dall’Europa sono relativamente ininfluenti - ha commentato Il presidente di Techvisory Franco Bernabè - ma dopo vent’anni di politiche energetiche importanti, è un dato di fatto che di fronte a tutto ciò che è stato fatto, compresi i 200miliardi, l’impatto non si può che definire modesto: le rinnovabili moderne, eolico e solare valgono il 2%, il 10% valgono le rinnovabili biologiche solide e liquide, l’80% è fossile, il 5% è il nucleare, il 3% è l’idroelettrico. Oggi - ha spiegato Franco Bernabè -  tutta la transizione energetica si basa sul processo dell’elettrificazione che sta viaggiando verso l’obiettivo net zero. Ma la vera sfida rimane la riduzione della C02 nell’atmosfera. L’Europa, per parte sua, ha contribuito molto: fra il ’90 ed oggi è diminuita del 35%. Gli obiettivi sono importanti ma non devono essere troppo lontani". 

(ds)


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