“per incaminare alla conservatione del ben publico della nostra communità”
Dal medioevo all’inizio dell’Ottocento, le comunità rurali trentine provvedevano autonomamente all’amministrazione di estesi beni collettivi, costituiti dai boschi e dai pascoli di alta quota, alla salvaguardia della proprietà privata, limitata ai campi e ai prati, e al regolamento delle relazioni tra gli individui in rapporto all’accesso alle risorse naturali e allo svolgimento delle attività produttive. Certo, l’autonomia non dev’essere confusa con la sovranità. Una comunità è sovrana quando non dipende da un potere o da un’autorità superiori nell’ordinamento giuridico cui appartiene; è invece autonoma quando gode di un’ampia libertà amministrativa, ma pur sempre in un contesto stabilito da un’autorità superiore cui si deve infine in qualche maniera render conto; e appunto le comunità rurali trentine erano inserite nella complessa struttura delle gerarchie feudali.
Comunità autonome, dunque, non sovrane, che a documenti denominati “carte di regola” o, con minore frequenza, “statuti”, “ordini”, “ordinamenti” o “poste” affidavano le norme che disciplinavano la conduzione dei boschi e dei pascoli, dei campi e dei prati, l’allevamento del bestiame, l’utilizzo dell’acqua, la prevenzione degli incendi, la manutenzione delle strade e degli argini, talvolta pure le pratiche devozionali collettive e lo smercio della carne e del pane; nelle carte di regola, inoltre, erano raccolte le norme che fissano i termini della presenza dei forestieri nell’ambito del villaggio e regolano lo svolgimento dell’assemblea comunitaria, l’elezione e le mansioni degli amministratori e stabiliscono l’importo e le modalità di pagamento delle ammende.
Si tratta di documenti che disegnano l’intelaiatura concettuale e giuridica in cui nel corso dei secoli si strutturano le relazioni sociali ed economiche tra i membri della comunità e si declina un rapporto tra le attività umane e l’ambiente naturale che ha modellato le attuali forme del paesaggio trentino. Ma forse il lascito maggiore delle antiche comunità – sia pure nei limiti connessi con l’esiguità delle risorse e con l’esclusione dal governo di una porzione rilevante della popolazione: le donne, in primo luogo e i forestieri –, può essere individuato nella partecipazione collettiva e diretta alla definizione e all’applicazione delle norme che garantiscono la sussistenza in un ambiente difficile e tutt’altro che generoso. In definitiva, la storia delle comunità rurali trentine sembra impartire una lezione d’impegno civile a un’attualità spesso distratta o assente. Cantava Giorgio Gaber all’inizio degli anni settanta:
La libertà
non è star sopra un albero
non è neanche avere un’opinione
la libertà non è uno spazio libero
libertà è partecipazione.
Il Museo di San Michele, in collaborazione con la Soprintendenza per i Beni culturali, propone dunque un itinerario alla scoperta delle carte di regola che è pure un ritorno alle origini e un invito a una cittadinanza attiva: alla scoperta del passato per capire il presente e costruire un futuro consapevole.
L’incontro si colloca nel contesto dell’iniziativa “Un giorno per le carte di regola”, durante la quale il Museo è aperto con orario continuato e vengono proposte alcune attività a tema. Dalle 10 alle 18 grandi e bambini possono cimentarsi in “Diamoci una regola…ta”, laboratori didattici per famiglie per scoprire le carte di regola. Alle 11.00 e alle 13.30 è possibile visitare gratuitamente il Museo con l’accompagnamento di una guida.
I posti per il convegno sono limitati. La prenotazione per tutte le iniziative della giornata è obbligatoria sul sito www.museosanmichele.it o chiamando lo 0461 650314. Necessario il green pass.
L’incontro pubblico può anche essere seguito in diretta sulla pagina Facebook del Museo (https://www.facebook.com/museosanmichele).