Martedì, 11 Marzo 2014 - 02:00 Comunicato 561

Questo pomeriggio a Trento i maggiori esperti d'archivistica si sono confrontati sulla conservazione e sicurezza dei dati, l'evento proseguirà anche domani
ARCHIVI, I "LOCI CREDIBILES" DEL DIGITALE

L'era del Web 2.0 con l'avvento dei social network, dei blog, dei documenti elettronici, delle app, con la possibilità diffusa di produrre molteplici documenti digitali, porta a rivedere il concetto di archivio: il connubio tra informatica e archivistica è infatti prioritario per rispondere a necessità giuridiche e storiche. Oggi a Trento, presso l'Auditorium del Dipartimento di Lettere e Filosofia dell'Università di Trento, si è tenuto il convegno "Archivio digitale tra accesso e conservazione", organizzato dall'ANAI (Associazione Nazionale Archivistica Italiana - Sezione Trentino - Alto Adige) in collaborazione con la Provincia autonoma di Trento, l'Università, l'Azienda sanitaria e Trentino Network per portare una riflessione di ampio respiro sul tema della salvaguardia della memoria collettiva e del problema della riservatezza dei dati e della tutela della privacy.-

E dunque, come è possibile garantire la conservazione e la sicurezza dei documenti elettronici riservati o anche detti "nativi digitali"? "In base al Codice dell'amministrazione digitale – ha spiegato Paola Carucci, sovrintendente dell'Archivio storico della Presidenza della Repubblica - le modalità per garantire l'esattezza, la disponibilità, l'accessibilità, l'integrità e la riservatezza dei dati debbono essere stabilite con regole tecniche emanate ai sensi dello stesso Codice. Codice che fa riferimento alla segretezza della corrispondenza, ma che nulla dice sui documenti elettronici sottratti al diritto di accesso, in base alle disposizioni della legge sulla trasparenza del procedimento amministrativo, per ragioni di sicurezza dello Stato e motivi di opportunità". Sono, dunque, ancora scarsi i criteri per l'effettiva applicazione delle misure di sicurezza e per la tutela dell'accesso in ambiente digitale: non esistono garanzie di protezione fisica dei documenti riservati. "Questo comporta – come ha puntualizzato Paola Carucci – che le pubbliche amministrazioni possono decidere, di fatto, di non inserire nel sistema di gestione documentale documenti riservati, di cui si rischia di perdere ogni traccia".
E, infatti, le intere disposizioni in materia di conservazione e accesso dei documenti, andrebbero riviste: "Le regole figlie delle tecnologie digitali – ha riportato Giovanni Pascuzzi – si modellano in funzione delle caratteristiche proprie di quest'ultima: ad esempio, il fatto che referenti della disciplina sono bit e non atomi di materia tangibile. In taluni casi questo comporta la necessità di ridefinire i concetti che tradizionalmente fanno riferimento a cose materiali, come proprietà e possesso, e di attingere a concetti nuovi, come titolarità e legittimazione". Ed, ecco, dunque, che si arriva al nocciolo della questione, vale a dire all'evoluzione del concetto di archivio come conseguenza del mutamento del lavoro degli archivisti alla luce dei fenomeni come la dematerializzazione dei documenti e la tecnologicizzazione delle regole giuridiche. A tutto ciò, ha risposto Luciana Duranti, professoressa di Archivistica alla Columbia University, portando l'attenzione sulla possibilità di conservare il "nuovo materiale d'archivio" in ambienti di "cloud": "Le ragioni – ha riportato Luciana Duranti – sono molteplici: molti dei documenti che tali archivi dovranno acquisire e conservare sono prodotti e/o mantenuti dal produttore nel cloud, l'accesso sarebbe possibile da qualunque luogo a chiunque possa usare un browser e consentirebbe di supplire alla mancanza di conoscenze specifiche tecniche e informatiche degli archivisti". E sul tema della professionalità dell'archivista si è poi soffermata Giorgetta Bonfiglio Dosio, professoressa di Archivistica dell'Università di Padova, che ha evidenziato quali innovazioni veramente radicali e quali persistenze si possono individuare in campo digitale per quanto riguarda le politiche, i metodi e gli strumenti per la conservazione e per l'accesso di varia natura agli archivi. In particolare ha esaminato le conoscenze, le competenze e le abilità richieste a un archivista dell'era digitale.
La possibilità di creare un polo archivistico digitale unico per gli archivi pubblici risponderebbe inoltre al problema della dispersione degli archivi. Nella provincia di Trento, per esempio, al momento esistono molteplici archivi digitali: l'archivio dell'Azienda per i Servizi Sanitari, l'archivio del Catasto e del Libro Fondiario, e via dicendo. "Sono diversi i progetti realizzati in Europa – ha concluso Mariella Guercio, Professoressa di Archivistica all'Università degli Studi "La Sapienza" – dai quali trarre riflessioni utili per la gestione di un archivio digitale. Un esempio è il progetto APARSEN (Alliance Permanent Access to the Records of Science in Europe Network) per la conservazione delle memorie digitali che riunisce un insieme molto eterogeneo di gruppi di lavoro, organizzazioni e ricercatori, con l'obiettivo di portare coerenza, coesione e continuità alla ricerca sull'accessibilità a lungo termine e sull'usabilità dei contenuti digitali, sfruttando la diversità dei partners per realizzare un centro virtuale per la conservazione digitale". E in questo modo, gli archivi, quei "loci credibiles" tornerebbero a svolgere la loro primaria funzione: "In quanto – come ha specificato Mariella Guercio - luoghi e istituti controllati e sicuri tornano in età digitale ad acquisire un peso rilevante e un riconoscimento esplicito anche – e specialmente – attraverso la possibilità di garantire, misurare e verificare la loro qualità sulla base di standard riconosciuti mediante un processo di certificazione ben studiato". (fp)

Il convegno: "L'Archivio digitale tra accesso e conservazione" proseguirà domani a partire dalle 8.45 e si concentrerà prevalentemente sull'analisi della situazione trentina. -