Martedì, 09 Febbraio 2016 - 18:20 Comunicato 198

Presentato al Senato lo studio “La montagna perduta" realizzato da CER e Trentino School of Management,
Rossi: "L'Autonomia salva la montagna"

ROMA - E' l'Autonomia a salvare la montagna. Lo prova la storia e lo provano anche i dati contenuti in uno studio sull'andamento delle aree montane negli ultimi 60 anni, presentato questo pomeriggio al Senato. Le uniche due regioni di montagna dove non si è registrato il fenomeno dello spopolamento delle alte quote, ma addirittura una crescita della popolazione in termini assoluti, sono Valle d'Aosta e Trentino Alto Adige. La spiegazione che possiamo dare è che a fare la differenza siano state le peculiari condizioni di queste due terre, anche sotto il profilo politico-amministratorivo, ovvero le loro Autonomie speciali. "Nei nostri territori sono state poste in essere delle politiche pubbliche per valorizzare le genti di montagna. Questo certamente grazie alle risorse prodotte localmente, che abbiamo potuto gestire in prima persona. Ma attenzione: non è sufficiente disporre delle risorse. Bisogna essere convinti che evitare lo spopolamento della montagna è un valore, sia per i diretti interessati sia per tutto il Paese. Perché la nostra esperienza, e in fin dei conti il nostro modello, non è affatto un sinonimo di chiusura, di difesa di prerogative antistoriche: al contrario, è un patrimonio che offriamo al resto dell'Italia e dal quale, ne siamo convinti, può derivare un contributo importante per la ripresa del paese, che tutti auspichiamo": così in sintesi nel suo intervento il governatore Ugo Rossi, che ha tirato le somme dei lavori, introdotti dal presidente del senato Pietro Grasso.
“La montagna perduta. Come la pianura ha condizionato lo sviluppo italiano” è il titolo dello studio realizzato da CER (Centro Europa Ricerche) e tsm-Trentino School of Management, basato su una cospicua mole di dati statistici, dal 1951 agli anni più recenti, sull’andamento della popolazione, dell’economia e delle infrastrutture, nelle varie regioni italiane. Presenti all'evento, moderato dalla giornalista Maria Concetta Mattei, assieme a molte autorità, anche gli assessori Mauro Gilmozzi e Carlo Daldoss,, l'assessore regionale Giuseppe Detomas, numerosi parlamentari e consiglieri sia dal Trentino che dall'Alto Adige. Fra i relatori, infine, anche il direttore generale della Provincia Paolo Nicoletti.

"Che ci sia una diversità innegabile fra montagna e pianura e nei destini che queste due realtà hanno sperimentato nel contesto delle politiche di sviluppo del nostro Paese è innegabile - ha detto Rossi - .  Ma la questione non si pone solo in termini di numeri, di risorse diseguali. La questione investe l'anima, la possibilità di chi vive in montagna di decidere del proprio  destino e di autodeterminarsi, portando un contributo positivo anche al resto dell'Italia.

Se immaginiamo di dare gli stessi parametri a montagna e pianura la montagna soccombe. Faccio un esempio, nelle mie vesti di assessore all'istruzione. Anche noi in Trentino stiamo ragionando sul tema delle pluriclassi. Il tema non riguarda solo i costi, le esigenze di risparmio, ma anche l'efficacia e la qualità del servizio offerto ai ragazzi. Abbiamo cercato di dare delle risposte in termini di qualità, appunto; ad esempio chiudendo se necessario qualche scuola ma anche considerando che la presenza di una scuola in un determinato contesto di montagna  può rappresentare occasioni di vita e di sviluppo. Quindi, abbiamo cercato un accordo con i Comuni, coinvolgendo le popolazioni interessate. E ci siamo detti: laddove conserviamo la scuola materna, potrà non esserci la scuola primaria, e viceversa. In modo tale da riequilibrare le diverse realtà. Questo significa dare risposte articolate a problemi che non sono solo numerici, che investono il destino delle genti di montagna nella sua interezza.

Per quanto riguarda il portato dell'esperienza trentina: ci viene detto che noi possiamo fare certe scelte perchè abbiamo le risorse. Ci invitano anche di considerare che il contesto generale è cambiato. In verità, come Autonomie di Trento e Bolzano una riflessione l'abbiamo fatta da tempo. Sul piano finanziario, osservo che dai 9/10 delle nostre entrate fiscali, con cui abbiamo sempre gestito tutte le competenze che altrove vengono gestite dallo Stato, in virtù dei meccanismi dell'Autonomia, siamo passati negli ultimi anni a 7 decimi e mezzo, con competenze nel frattempo aumentate. Questo è stato il nostro contributo di risanamento del debito pubblico del Paese, in un'ottica di responsabilità, ma senza rinunciare alle nostre prerogative autonomistiche.

Noi crediamo in un'Autonomia adulta, che ha tanto da dare. Crediamo in un modello che se bene utilizzato può contribuire a far fare all'Italia quel salto in avanti che tutti auspichiamo. l'Autonomia è sinonimo di responsabilità, si inscrive entro un orizzonte riformista e solidale, non ha nulla a che fare con la chiusura, con la difesa di prerogative del passato dalle minacce esterne, è esattamente il contrario".

Dal presidente Rossi anche un richiamo al prossimo tema del Festival dell'Economia di Trento, i luoghi della crescita. "Non è indifferente dove la crescita si realizza, e se essa si realizza nel contesto dell'economia globale o se è anche un prodotto della capacità dei popoli di autogovernarsi". Infine, un richiamo alla riforma costituzionale che sta avanzando, e che pone "la necessità della semplificazione, della snellezza. Ma vorrei richiamare la vostra attenzione sull'articolo 116 della Costituzione, rimasto inattuato dalla riforma del Titolo V del 2001: inattuato da tutte le regioni italiane tranne in parte dalla Lombardia. Nessuna regione ha accettato la sfida di asumersi delle competenze per gestirle in maniera migliore rispetto a quanto non faccia il governo centrale. Questa è la sfida che le Autonomie devono accettare".

"Lo spopolamento non è irreversibile se i territori riescono a fare sistema", ha chiosato a sua volta il dirigente generale della Provincia, Paolo Nicoletti. Di nuovo, il tema è quello della frammentazione del suo superamento, nonchè della creazione delle condizioni per uno sviluppo sostenibile ed equilibrato.

All'evento sono intervenuti: Stefano Fantacone, direttore Cer, Gianfranco Cerea, Università di Trento, Mauro Marcantoni, direttore tsm, Luca Mercalli, metereologo e climatologo, Ludovica Agrò, Agenzia coesione e sviluppo, Annibale Salsa, Fondazione Dolomiti Unesco, Enrico Borghi, presidente dell'Intergruppo parlamentare per lo sviluppo della montagna.

Il rapporto

L’altitudine in Italia può cambiare il destino di una comunità. A parlare sono i numeri: dal 1951 a oggi, la montagna è stata vittima di spopolamento e abbandono. Se la popolazione italiana negli ultimi 60 anni è cresciuta di circa 12 milioni di persone infatti, la montagna ne ha perse circa 900mila. Tutta la crescita, in pratica, si è concentrata su pianura (8,8 milioni di residenti) e collina (circa 4 milioni). Lo spopolamento della montagna ha però una vistosa eccezione in due regioni: in Trentino-Alto Adige e in Valle d’Aosta. 

In queste due regioni,non solo lo spopolamento non c’è stato, ma addirittura, negli ultimi 60 anni, si è registrata una crescita della popolazione, anche in valori assoluti (nel Trentino-Alto Adige del 41% e della Valle d’Aosta del 36%). A mettere in luce questo fenomeno è il rapporto “La montagna perduta. Come la pianura ha condizionato lo sviluppo italiano” realizzato da CER (Centro Europa Ricerche) e tsm-Trentino School of Management, che raccoglie molte statistiche dal 1951 agli anni più recenti sull’andamento della popolazione, dell’economia e delle infrastrutture, nelle varie regioni italiane.

La ricerca, presentata oggi a Roma, al Senato, è stata realizzata da un gruppo di lavoro composto da Gianfranco Cerea, Stefano Fantacone, Petya Garalova, Mauro Marcantoni e Antonio Preiti.

In allegato il testo integrale, una sintesi della ricerca e comunicato stampa diffuso in sede nazionale.

(mp)


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